L’inobliata “Storia d’amore” di Bruno Mohorovich

Gli amori ritornano. Sono un lampo che lacera la quiete, il tuono stordente che scuote l’animo, l’imponderabile che svela l’incompiuto” cit tratta dal prologo “D’IMPROVVISO…PER QUANTO TEMPO” di Bruno Mohorovich

Mistificare un gioco di ritmi e suoni accordando termini cadenzati all’unisono non è una qualità che  si può scorgere in qualsiasi persona così come scavare profondamente nei propri sentimenti per poi scoprire di conoscere se stessi meno di quanto in realtà si potesse immaginare  questi, sopra citati, sono  due dei tanti obiettivi della letteratura che io definirei terapeutici. Tra i  racconti in versi di uno scrittore  che decide di immortalare i propri momenti per firmarli in anteprima ci accorgiamo, spesso, che noi, tutti compresi, ci ritroviamo in quei vissuti che sono stati coraggiosamente messi a nudo, soprattutto nel momento in cui la missiva principale  è l’amore. Questo sentimento, tanto decantato dai poeti diviene  tema e soggetto privilegiato ancora nella nostra contemporaneità. Quali tinte assume l’amore nella società odierna? Possiamo noi riassumere l’amore solo in un mero fluttuarsi di emozioni e sensazioni? Sfiora questi interrogativi la storia in versi di Bruno Mohorovich; autore dalle doti espressive spiccate, il quale prende coscienza del significato connotativo dell’amore, al di là di una mera descrizione denotativa.  “Storia d’amore- una fantasia” rientra nel genere poetico in quanto  la fantasia amorosa di Bruno Mohorovich è raccontata  attraverso dei versi che sono in stile libero,  anche se non mancano nei testi mohorovichiani dei preziosismi sintattici inoltre un altro aspetto predominante dell’opera è quella di essere imbevuta di innumerevoli figure retoriche del suono e del significato, infatti sono disseminate nel testo le allitterazioni, le anafore, l’iperbato, l’anastrofe, la sinestesia e alcune metafore e similitudini, al di sopra di tutto la figura retorica per eccellenza è la personificazione dell’amore stesso in sé e per sé, protagonista non è la donna amata, ma il sentimento verso colei alla quale le nobili avance sono rivolte. Qualche struttura figura retorica della metrica non manca come l’enjambement. Cattura l’attenzione del lettore il fil rouge amoroso che incanta chiunque si accosta a questo stile ossimorico  perché sebbene siano dei versi a svelare l’arcano della donna amata possiamo anche riscontrare un andamento  prosastico che inebria questa raccolta poetica fornendole un carattere di originalità letteraria in quanto le poesie non sono pensieri e stati d’animo scissi fra loro, ma l’ambient narrativo segue una trama precisa e uno svolgimento infatti “Storia d’amore- una fantasia” è un’opera suddivisa in tre parti: Inizio, Insieme e  Fine. L’amore, però, in questo caso comporta uno struggimento tutto interiore, il pathos, che porta a far germogliare nuove consapevolezze,  si consuma nelle proiezioni personali del poeta, la trama è un’avventura vissuta nell’inconscio tormentato; in questo caso, tuttavia, l’amore non è pulsione di morte, non coincide col thanatos freudiano, in cui amore e morte sono le facce della stessa medaglia, nel caso del nostro Bruno Mohorovich questo sentimento si affranca dall’impulso distruttivo, ma diventa linfa vitale, sorgente dalla quale scaturiscono le sensazioni più nobili. In guisa di questa chiave interpretativa l’amore, anche quando non è corrisposto, è la fonte più ricca degli impulsi che conducono ogni uomo a rigenerarsi. Nella visione del nostro autore “amare” è un atto incondizionato e libero, al soggetto amoroso non possono essere imposte catene o costrizioni di sorta. Questa narrazione amorosa in versi ci dimostra che il sentimento non si spegne, ma  rimane indelebile,  infatti esso non si sfalda, non si consuma, non si frantuma, non si disfa, non si scioglie, non si rompe mai del tutto, ecco perché certi amori rimangono dentro la memoria di ognuno di noi, alcuni ricordi restano immortalati, fissi e non sfumano mai. L’oblio, quindi, in sé e per sé non esisterebbe? Gli psicologi  insieme ai filosofi hanno cercato di dimostrare la totale assenza di ricordo però la questione è complessa e non si è giunti a una conclusione univoca tanto è vero che l’oblio assume diverse forme: l’oblio di cancellazione, l’oblio delle tracce, l’oblio amnesico, tuttavia in nessun caso andiamo incontro a una totale e completa assenza di ricordo perché alcuni neuroni conservano frammenti di memoria così come asserisce l’autore: “Per quanto amiamo chi abbiamo scelto con cui vivere, comunque i nostri amori, che hanno avuto un finale, non avranno mai veramente una fine”. Al di là di questa breve digressione molto cara alle scienze cognitive tornando al nostro soggetto privilegiato cioè l’autore e la sua narrazione in versi ciò che spicca particolarmente è la sua preparazione letteraria e sociologica di ampio respiro tanto da mettere insieme abilmente il romance e la tematica dei ricordi, della memoria e dell’oblio che ultimamente ha aperto accesi dibattiti fra gli studiosi amalgamando con arguta aspirazione letteraria lo spleen con lo slancio vitale bergsoniano e l’accettazione di vivere nascosto attraverso la pace dei sensi che si avvicina alla scuola di Epicuro e agli insegnamenti stoici.

Sabrina Santamaria