Un’identità fanciullesca: “Si può essere felici anche di Lunedì” di Valentina Lazzeri

(a cura di Sabrina Santamaria)

Girovagare per arrampicarsi sugli specchi come vagabondi erranti verso  probabili labirinti  impervi è la condanna che sente dentro di sé la protagonista Adele Bonaiuti la quale si trova al capolinea o al confine di un percorso esistenziale. Le nostre scelte sono spontanee o ci vengono, inconsapevolmente imposte dalla società? Quanto davvero noi siamo liberi? Valentina Lazzeri estrae  pian piano i puzzle di una matrioska russa per svelare i falsi miti del self made man; la società consumistica e opulenta fagocita le relazioni umane e rende i suoi membri come robot o macchine operaie che devono necessariamente produrre profitto(l’instancabile logica del capitale finanziario); in questo meccanismo  “uomo-lavoro”, “consulente-impresa” si logora la fantasia e imperversa la nullità di un meccanismo sociale che vorrebbe trasformare la “persona”  in un banale individuo ammalato di una grave derealizzazione e spersonalizzazione. L’accezione “Essere umano” abbraccia l’Homo Sapiens, l’Homo Faber, l’Homo Ludens e altre  sfere inesplorate che ancora gli antropologi insieme agli psicologi stanno cercando di approfondire pertanto la diatriba è ancora aperta.  L’autrice di “Si può essere felici anche di Lunedì” mediante  il suo divertente e ironico romanzo  azzarda un tentativo di sfatare i miti della società contemporanea: l’autorealizzazione personale, l’indipendenza lavorativa, il matrimonio e il “perfetto principe azzurro”. É una convinzione  che per essere felici dobbiamo avere un ottimo lavoro e una casa grande? Oppure per forza per sentirci realizzati dobbiamo necessariamente sposarci? Adele Bonaiuti è una donna coraggiosa  la quale abdica ai suoi doveri coniugali e divorzia rompendo il suo matrimonio con Alberto; la sua vita dopo di lui sarà molto problematica e  moltissime   delusioni  amorose e  lavorative la pervaderanno  infatti subirà il licenziamento  a causa del suicidio di Giulio, il suo titolare il quale era depresso. La protagonista ha perso la bussola e si trova in un’isola deserta senza la possibilità di poter riuscire a trovare una soluzione solo in preda allo smarrimento dell’io paradossalmente riscopre la felicità nelle minuzie della vita quotidiana: il sorriso e i racconti di zia Etta, il mare livornese, una passeggiata in una giornata soleggiata.  Un incontro  casuale cambierà la sorte della nostra Adele; una sua ex compagna di scuola,  Adele è solita  identificarla  con l’epiteto “ la Canteruccio”, tradita dal marito benestante, prende l’iniziativa di affidarle suo figlio Gregorio, un “pargoletto” di cinque anni. Sulle prime l’impresa sembra titanica invece col passare dei giorni il lavoro di babysitter diventerà una  nuova passione che la nostra ha scoperto perché ha compreso che la felicità è un bene di inestimabile valore, equivale a un tesoro che si trova nascosto in un fortezza che sarà espugnata da chi ha la caparbietà e il coraggio di osare per essere unici e insostituibili. “Essere o avere?” si chiede Erich Fromm in un suo saggio; quanto costa la propria identità? Di certo non la possiamo acquistare nei grandi centri commerciali oppure nei supermarket. L’identità è senso di appartenenza che si radica nell’entroterra dei battiti cardiaci; solo a questo punto l’appercezione humiana  o abitudine diviene una passione spinoziana ben consolidata nell’uomo. Adele sente profondamente di essere felice di Lunedì nel momento in cui scopre di amare i bambini anche se dal suo precedente matrimonio con Alberto non sono nati figli. La  pace interiore la attraversa come un lento fiume che percorre il suo alveo si spinge oltre le tempeste già affrontate infatti trova man forte l’avventura dell’asilo familiare(la semplicità del gioco, lo sguardo curioso di “piccoli ometti e donnine”, il role playing, il disegno, il parco, i super eroi e i cartoni animati)  grazie al  piccolo-grande mondo dei bimbi  Adele Bonaiuti apre un capitolo allettante della sua storia personale, . Alla base di questa singolare esperienza chi legge questo romanzo è consapevole che “l’indipendenza” può assumere questa rilevante forma. Valentina Lazzeri ci suggerisce di scrutare i substrati oscuri della malinconia con gli occhi giocosi e curiosi dei bambini tanto è vero che solo attraverso la propensione fantasiosa dei piccoli fanciulli il mondo potrebbe diventare una fiaba o una favola dai toni di un fantasioso  e ingenuo profitto.

Sabrina Santamaria