Primo tempo veneziano

La vetrata sui tetti di Sant’Angelo

guardava alla Fenice che bruciava.

Quel gennaio col freddo di neve,

era il nostro ultimo mese intero.

Ci amavamo come i diamanti mandarini

nella gabbia sospesa

di Rio Terà de la mandola.

La consuetudine delle tue rose mensili.

Lo scrivere di me tra le tue note.

I miei sorrisi estesi.

Per ritrovarci uscivamo molto da soli,

tu con le tue fotografie belle di nebbia

e di acqua alta, le ricerche dei lemmi

di Francesco da Buti alla Marciana.

Io senza pensieri e pochi studi

colmavo la mia gioiosa giovinezza

tra campi e calli, nei sorrisi

sempre pronti dei veneziani.

A San Barnaba, prima dei Carmini,

un negozio (che adesso non c’è più)

dove indossavo tailleur bianchi di lino

e cappelli con spilloni démodè.

Ci siamo amati di un amore

a basso tasso di passione: un bene certo.

Mai ho visto un tuo pensiero

svagare verso altro.

Nella certezza di bastarti

riposava la mia mente.

Fiorivo nei mesi e negli anni

in cui nulla cambiava e nulla avrei

voluto cambiare, e poi si cambia

perché il grande bene non è amore.

Col dopo ho saputo  che senza

grande bene è aspro anche l’amore.

Mila Fazio