Intervista a Fabio Scopelliti: un giovane promettente

(a cura di Sabrina Santamaria)

Cenni biografici

Fabio Scopelliti, nato a Messina, il 19/09/1996. Ha frequentato il liceo delle scienze umane E. Ainis.

È un appassionato di danza e teatro. In passato ha frequentato diversi corsi di recitazione, con diversi registi. Iniziai per gioco a liceo, a livello amatoriale, poi lo continuò a livello professionale per tre anni. Con il gruppo del liceo ha registrato diversi premi. Oltre il teatro ha studiato danza con la professionista, nonché coreografa di Taormina Arte, Sarah Lanza, la quale gli ha attribuito una borsa di studio presso una delle strutture dove quest’ultima insegna.

È un animatore e organizzatore di eventi. Anima gli eventi e d’estate i villaggi turistici in Calabria. Lavora in disco pub.

S.S: Quali emozioni ti hanno spinto ad avvicinarti al palcoscenico, sia per ciò che concerne la danza sia per quanto riguarda il teatro?

 F.S: Sin da bambino ho sempre amato i riflettori e i microfoni. Mi piaceva molto il momento in cui la gente veniva a dirmi: “ma che bravo, da grande farai carriera”. Effettivamente il mio interesse verso il palcoscenico è iniziato in età precoce in quanto, sin dalle elementari, alle recite di fine anno, ricoprivo quasi sempre il ruolo di protagonista. E ogni anno che passava questo interesse cresceva. Ho iniziato a studiare danza, a livello amatoriale, a 14 anni perché in primis non avevo grandi possibilità economiche fra l’altro  nella società in cui vivo, fino a qualche anno fa, esisteva la concezione e il pregiudizio che un ragazzo ,il quale decideva di studiare danza, sarebbe rientrato nella categoria “gender”. Fu lo stesso anno che iniziai il liceo e iniziai il laboratorio teatrale. Lo feci per gioco perché, studiando danza, non avevo molto tempo a disposizione. Anche lì, sin dal primo momento, ho scoperto il mio interesse nell’interpretare i personaggi e farli miei. Dal 2011 ebbe inizio la mia carriera studentesca fino al quinto anno di liceo. In uno di questi spettacoli, la maestra e coreografa di Taormina Arte, Sarah Lanza, ha riconosciuto in me del talento al punto di assegnarmi una borsa di studio presso uno delle tante scuole dove lei insegna. La mia felicità, dopo diversi anni, è ancora oggi indescrivibile perché mi son sentito, per la prima volta, realizzato. L’idea di studiare con una professionista, in una vera sala di danza, era eccitante. Ho studiato solo un anno perché poi, per forze maggiori, ho dovuto iniziare a lavorare. Qualche anno dopo, decidi di iniziare collaborazioni con diversi registi teatrali messinesi, studiando tre anni recitazione a livello professionale.

 S.S: Da ragazzino avresti mai pensato di appassionarti all’arte?

F.S: Sinceramente no. Per me era fisiologico ballare, indipendentemente dalla location, dal momento o dal contesto. Ballavo, senza un inizio o una fine. Movimenti inventati da me stesso, mi sentivo come se fossi uno dei più grandi coreografi. L’ingenuità del ragazzino. Quando sei ragazzo, l’unico obiettivo che hai, nella stragrande maggioranza, è arrivare in tv. Ricordo che seguivo assiduamente “Saranno famosi”, conoscevo a memoria tutti i nomi dei ballerini all’interno della scuola. E quando finiva il programma, obbligavo la gente a guardarmi ballare, come se fossi in tv. Ero semplicemente un ragazzino sognatore. Ho seguito tutti gli anni il succitato talento,  l’attuale “Amici di Maria De Filippi”. Con gli anni però, maturando la consapevolezza che non si vive solo per la tv, ho capito che probabilmente il mio destino non era quello di “sfondare” in tv e che avrei dovuto dare spazio e tempo alle opportunità che mi stavano circondando.

S.S: La danza e il teatro rientrano nell’intelligenza cinesico-corporea individuata dallo psicologo Howard Gardner. I giovani sperimentando questo tipo di intelligenza in quale sfera della loro vita sociale maturano?

F.S: Ho sempre sostenuto che la danza fosse lo strumento che va oltre l’aspetto verbale. Molte persone spiegano col linguaggio del corpo, quindi danzando, ciò che non riescono a spiegare con le parole. Ergo, è chiaro che maturano anche la loro posizione nello status sociale, perché riescono a risolvere tanti problemi, in quanto soggetti sottoposti a degli studi ben specifici a scopo di capire se stessi. Poi, è chiaro che parlo da allievi, sono sicuro che un insegnante spiegherebbe idilliacamente il concetto.

S.S: Quando reciti in quale momento della scena ti senti te stesso?  E in quale momento  l’identità del personaggio si vivifica nella perfomance dell’attore?

F.S: Bella questa domanda. Uhm, ti senti te stesso quando riesci ad interpretare il personaggio al 100%. E questo è molto difficile, sembra facile ma non lo è, dietro l’assegnazione di un personaggio ci sono delle dinamiche non indifferenti, per cui se il regista te lo ha assegnato, significa che ha qualcosa in comune con te. È importante capire bene il personaggio che stai studiando, perché bisogna creare feeling e soprattutto cercare di indossare le sue scarpe per assorbire le sensazioni.

S.S: L’esperienza dell’animazione quanto è stata importante per te?

F.S: L’animazione nel mio percorso è stata fondamentale. Mi ha fatto crescere, non solo sotto il profilo lavorativo e professionale, soprattutto come persona. Anche lì, come il teatro e la danza, ho iniziato per gioco. Non avevo minimamente intenzione di trascorrere gli anni ad organizzare compleanni, eventi o addirittura far ballare la baby dance. Eppure, dopo ormai 8 anni, ti dico che sono contento. La gente mi cerca, i bambini mi adorano e la cosa è reciproca. Mi ha salvato in tante circostanze, tirandomi fuori da molti momenti negativi. Pian piano mi son fatto conoscere nel messinese e ormai tutti conoscono il nome del mio alter ego/personaggio: PREZZEMOLOH.

Una cosa è certa, tutti possono fare animazione ma pochi sono realmente animatori.

S.S: Quali consigli daresti a un tuo coetaneo che vorrebbe organizzare un evento o lavorare in un villaggio turistico?

F.S: Il consiglio che darei è di armarsi di tanta forza di volontà.  Molti sostengono che partire in villaggio sia una vacanza, beh non è cosi. Gli animatori in villaggio donano letteralmente anima e corpo e spesso anche per una cifra misera, soprattutto se parti come animatore di prima esperienza. Si lavora in tutta la fascia diurna, serale e anche notturna, l’unica fascia oraria per organizzare gli spettacoli. Ha i suoi pro e i suoi contro, ma ti forma tanto: ti fortifica, ti fa brillare, avviene in te una metamorfosi strabiliante. Torni a casa diverso, perché ogni singola persona che incontri e ogni singola persona con cui lavori, ti dona un pezzo del suo essere. Un feedback di emozioni che emana colori. Motivo per cui chi decide di fare animazione decide di donare la sua anima e il suo cuore. In cambio di cosa? Di un applauso. Lo stesso che ti ripaga ogni volta che calchi quel palcoscenico o che ti muovi tra la gente, sotto il sole e sulla sabbia. Poco importa dove tu sia, sarai sempre in cerca di un applauso che a fine giornata ti fa sorridere. E non importa che tu sia bloccato con la schiena o che ti sia preso un’insolazione, la mattina seguente sarai lì, pronto ad accoglierli con un sorriso.

E se proprio vogliamo sdrammatizzare, il consiglio che darei è di imparare prima di partire l’utilizzo della lavatrice, perché io ho rovinato la biancheria.

S.S: Decidere di recitare è stata paradossalmente l’occasione per liberarti dalla “maschera” pirandelliana(costituita da “ruoli” e “doveri”) che la società ti avrebbe voluto imporre?

F.S:Diciamo che quando interpreti un personaggio ti senti, per certi versi, più libero. Nasce il coraggio di far qualcosa che, in veste di te stesso non faresti mai. Ti rassicura il fatto che la gente sappia che si tratta solo di una recita, quindi non ti può giudicare. Ergo, per quanto mi riguarda la risposta è no, recitare non è l’occasione per liberarmi dalla maschera, perché per natura ho sempre seguito il mio istinto e la mia testa. Non ho mai badato ai pregiudizi della gente, perché quelli non fanno altro che distogliere lo sguardo dalle cose importanti, negandoti la possibilità di essere te stesso. E poiché non ho scelto di nascere, non sceglierò di morire, per lo meno scelgo di vivere come mi pare e piace.

Magari lo potrebbe essere per qualcun altro che di base possiede una personalità più fragile rispetto alla mia.

S.S: Se dovessi paragonare la tua storia di vita a un’opera teatrale con quale capolavoro lo faresti ?

F.S: La mia vita di base è un caos, alle volte non riesco neanche io a capire da dove nascono determinati equilibri. Ad ogni modo, se proprio dovessi paragonarla a qualche opera teatrale, ti direi Romeo e Giulietta. Se dobbiamo analizzare fino in fondo, ti direi a Mercuzio, personaggio che tra l’altro ho già studiato e interpretato. Il suo modo di fare, di approcciarsi alla vita, di morire addirittura per salvare un amico. Il suo essere gioviale, movimentato, sorridente, ribelle. Beh, quello sono proprio io. Abbiamo molto in comune io e Mercuzio, forse fin troppo.

S.S: Il tuo impegno artistico è stato un ottimo ponte comunicativo che ti ha avvicinato ai bambini e agli adolescenti?

F.S: Sicuramente è stato utile affinché io potessi interfacciarmi maggiormente sia ad un pubblico di bambini, di adolescenti che adulti. È fondamentale capire chi hai davanti per poter instaurare una buona conversazione, utilizzando anche un registro linguistico idoneo alla fascia di età.

S.S: L’animazione ti aiuta a essere un “saltimbanco” che entra nell’immaginario infantile?

F.S: Chi fa animazione deve avere delle capacità innate, perché per quanto tu possa acquisirle se di base non le possiedi è difficile che ne esca fuori un risultato autentico. L’animatore deve essere soprattutto bambino. Nel mio caso, ho riscattato questo tempo per recuperare il bambino che non sono stato quando lo sarei dovuto essere. È stato come tornare indietro con lo spirito, rimandando nel corpo da adulto,  e vivere quei momenti di gioia, come strisciare a terra, saltare sui gonfiabili, giocare con i palloncini.. Motivo per cui, cinque minuti prima che finisca la festa, ormai da tradizione, faccio entrare anche gli adulti all’interno dell’area gonfiabile e li faccio salire sui gonfiabili. Proprio per ricordare loro che non esiste un tempo o uno spazio per tornare bambini. Anzi, invito i genitori ad esserlo, perché i figli hanno bisogno di attenzioni e spesso, a causa dei problemi che ci presenta la società, ce ne dimentichiamo trascurando il gioco. Non esiste  atteggiamento più sbagliato. Un bambino non deve subire le perplessità o le preoccupazioni di un genitore.

È diverso invece quando animo la festa di un adolescente, perché lì devo fare di tutto per farlo sentire grande, impostando la tipologia di lavoro diversa rispetto a quella di un bimbo, in quanto la società, anche a causa della troppa tecnologia, ti porta a crescere in fretta. Quel che dico sempre e raccomando è: ogni cosa col suo tempo.

Grazie di cuore! A presto Sabrina!

S.S: Complimenti! Ci auguriamo una brillante carriera. Sei talentuoso! Alla prossima!

(Intervista rilasciata da Fabio Scopelliti, attore teatrale e ballerino, a Sabrina Santamaria)

Fonte: www.sabrinasantamaria.it