Articolo già pubblicato nel sito www.sabrinasantamaria.it di Sabrina Santamaria

 La saggistica soave: “Amore e morte nel melodramma dell’800” di Martina Ferrarini

6Mettimi come sigillo sul tuo cuore,
come sigillo sul tuo braccio;
perché forte come la morte è l’amore,
tenace come il regno dei morti è la passione:
le sue vampe sono vampe di fuoco,
una fiamma divina!
7Le grandi acque non possono spegnere l’amore
né i fiumi travolgerlo.
Se uno desse tutte le ricchezze della sua casa
in cambio dell’amore, non ne avrebbe che disprezzo.  Cit tratta da Canticodeicantici, cap 8,6-7

Il canto antico dell’Eros è una leggiadra sinfonia che fa origliare la sua morbida eco fin dall’inizio dell’umanità; già secondo i testi sacri nel momento della creazione Eva divenne carne dalla costola di Adamo e i due si amarono però un evento sconvolse la loro lieta unione: il morso del frutto proibito, infatti la potente arma della seduzione messa in essere dal serpente ha sortito il suo effetto su Eva la quale spinse Adamo a reiterare il gesto che il Sommo creatore aveva loro proibito, se  riflettessimo attentamente analizzando ogni aspetto di questa arcaica vicenda potremmo facilmente assimilare la cacciata dal Paradiso di Terrestre, non solo come punizione per la disubbidienza dell’essere umano, perché c’è un sentimento umano che ci  sfugge quasi sempre; è l’amore. Adamo si lascia convincere da Eva per via del sentimento amoroso che induce il nostro progenitore a scadere dalla Grazia di Dio. La cacciata dall’Eden non solo veste i panni di un peccato originario, ma anche di una doppia seduzione che riesce a far leva sull’Eros ardente che l’uomo provò, quindi la fedeltà a favore di Eva a scapito di Dio  ha un’altra conseguenza grave: la corruttibilità del corpo e dunque l’inevitabile morte di ogni uomo sulla terra. Già dalla Genesi del mondo Eros e Thanatos coincidono inesorabilmente e su questa ispirazione e costatazione lavora con fervente impegno l’autrice Martina Ferrarini, la sua riflessione trasposta nel suo ammirevole saggio “Amore e morte nel melodramma dell’800”  è un fiore all’occhiello nella letteratura di tutti i tempi. Una giovane donna che dimostra al lettore il suo  fondersi con le opere teatrali, con i miti della musica, della letteratura e dell’arte, ella è colei che arde di passione e con la sua analisi dona un soffio di alito di vita agli autori e ai personaggi di tragedie e commedie come Macbeth, Otello, Romeo e Giulietta divenuti classici e intramontabili nell’immaginario collettivo, anche di coloro che si definiscono profani della cultura cosiddetta “alta” ebbene Martina Ferrarini rispolvera grandi opere dell’800, e antecedenti al Romanticismo,  per dimostrare la stretta connessione fra l’amore e la morte, nonostante non si tratta di un romanzo bensì di un saggio l’autrice trova spesso il giusto espediente per non tediare i lettori; a volte molti lettori hanno qualche pregiudizio sulla saggistica in quanto la considerano noiosa e “superata” per la presenza,  fra l’altro, della speculazione filosofica e storica che nei saggi, spesso,  fa da cornice alle tesi espresse dagli autori tuttavia cercare di apprestarsi a delle opere di questo genere fa accrescere il vocabolario e lo spessore culturale. Addentrandomi fra le pagine mi sovvenivano le passionali furie di Orlando impazzito a causa del sentimento non corrisposto di Angelica, la tempesta infernale in cui furono travolti Paolo e Francesca, l’antico Impero Romano che fronteggiò il tradimento di Antonio per via della sua tresca amorosa con Cleopatra, Tristano e Isotta,  Lancillotto e Ginevra e gli eroi problematici Werther e Jacopo Ortis.   Questo saggio viene alla luce ed è scritto con un lessico colto e raffinato,  giammai antiquato o obsoleto; ogni disquisizione, presente nel testo di questa opera breve di brossura e allo stesso tempo di ampio respiro,  allieta gli spiriti leggiadri  che albergano negli animi che divinizzano la “Bellezza” come un culto d’eternità. Espressione dopo espressione si ha l’impressione  di ringiovanire e l’animo si adorna di una catarsi, di una purificazione dalla stanchezza che la quotidianità, nostro malgrado, ci impone. Alcuni epiteti in greco impreziosiscono alcuni snodi di questa opera infatti l’abnegazione della nostra giovane autrice nella stesura della stessa dimostra che ancora oggi  c’è un barlume di speranza, esistono giovani culturalmente impegnati, coloro i quali sono amanti del nostro patrimonio storico quindi fra le fila delle nuove generazioni non è vero che tutti sono lavativi o moralmente inaffidabili.  Pleonastica è la contestualizzazione nel Romanticismo, età storico-letteraria che Martina Ferrarini osa affrontare con molta disinvoltura, appaiono folgoranti e carichi di approfondita ricerca i riferimenti a Verdi, a Shakespeare e l’analisi della furia omicida di Otello si affianca molto alla critica matura e all’unanime riconosciuta come tale. Martina Ferrarini rientra nel rango degli autori emergenti che hanno tanto da raccontarci e suscitarci tanto è vero il saggio “Amore e morte nel melodramma dell’800” è un’alba, un ottimo inizio della futura, si spera fiorente carriera letteraria, di questa giovane scrittrice, speriamo che questa pubblicazione sia seguita da tantissime altre affinché l’autrice possa sempre estendere le sue qualità pienamente nell’intento di gettare un seme per una cultura “per” e “delle” nuove generazioni.

Sabrina Santamaria