L’ARABA FENICE
É stanca la Fenice
di dover ricompattare
quel po’ che resta
d’una tempesta virulenta
e inaspettata.
Arrivò così, all’improvviso,
quel vento inarrestabile
che aveva il sapore di un agguato
e si dispersero le ceneri
su cui ricostruire i sogni.
É stanca la Fenice
di dover difendere i resti
d’una vita che fu altalenante
e che fu giocata sempre
tra i chiaroscuri proiettati
sulla pelle.
Ormai s’affrettano i giorni
a rincorrere i battiti d’un cuore
che vorrebbe ancora
disegnare storie a colori
e riscoprire ciò che si nasconde
dietro l’oltre di orizzonti opachi.
Ma è sempre più afona la voce
che un tempo alzava scudi
per spianare strade
ingombre di fossati è spine,
s’arrendono le braccia
che schermavano i colpi
di notti piene di fantasmi.
Si accoccola l’Araba Fenice e,
con quel po’ che resta della cenere,
costruisce muri
che sappiano almeno
respingere nuove foschie.
Palma Civello