Roberto Crinò, Ineffabile mutazione, Ensemble, Roma, 2019
Il cambiento è alla base dell’esistenza. Ogni cosa vivente muta. La mutazione è vita e sapere accogliere il cambiamento e disporlo a nostro vantaggio è legge di natura. È forse in momenti come quello che stiamo vivendo, in cui tutto sembra che sia irrevocabilmente mutato in peggio, che va ricercata quella dote resiliente il cui seme è nella vita ed è la vita stessa, che possa dare la giusta spinta per far sì, che la mutazione sia evoluzione, trasformazione, auto-rigenerazione, così da poter trovare la “luce nel buio”, come diceva Camus “un’invincibile estate lì dove era inverno” e “sbocciare” a rinnovata vita, e trasformare una “disfatta in un trionfo”.
È questo il fondamentale leitmotiv delle poesie raccolte nella seconda silloge intitolata Ineffabile mutazione del poeta palermitano Roberto Crinò insignito del Premio della Presidenza alla V edizione del Concorso di Poesia e Narrativa “Città di Cefalù”. Una poetica che produce un’inesorabile, liberatoria e rigenerante trasformazione dentro di noi. Di questa “redenzione” parlano questi versi, che raccontano il cambiamento, il mutare di esperienze, il divenire degli esseri umani. La raccolta è inserita in “Affluenti poesia”, un progetto poetico fiorentino, di cui Crinò è entrato a far parte in occasione della presentazione, avvenuta a Firenze l’anno scorso a maggio della sua prima silloge “Le coincidenze significative”, presentata per altro anche a Cefalù nel mese di ottobre 2019. Una semantica ben elaborata, che culla e conduce il lettore tra il ricordo del passato, un presente in continua mutazione e un futuro da costruire.
In Ineffabile mutazione lo scrittore, servendosi anche dell’esperienza maturata grazie al suo forte legame con la musica, come compositore di testi e melodie, nonché come cantautore, racconta con una notevole, ma mai astrusa cifra lirica le proprie emozioni, offrendole al lettore col quale stringe una sorta di “patto empatico”.
Questa è la chiave per giungere a comprendere i significati più profondi e costitutivi della raccolta, che nasce a sua volta dalla necessità di raccontarsi attraverso la poesia: «Ineffabile mutazione – dice Crinò – nasce dall’esigenza di scrivere poesia come forma di espressione esistenziale primigenia e assoluta. Le poesie raccolte in questo libro sono il risultato di un anno di scrittura intensa».
Ineffabile mutazione, possiede e trasmette una forza magnetica, che lega alla pagina, che induce a meditare su ogni parola; ecco, il lessico di questa silloge, le sue parole sono assolute e secche. Attraverso le parole di queste poesie ritroviamo “fossili” di sentimenti lontani, perduti e giungiamo alla contemplazione di immagini vive e luminose. Le poesie di Crinò sono frutto di un’elaborazione lenta e meditata, che ha permesso di distillare i processi della vita, con le sue sconfitte, le sue resilienze, le sue conquiste, in un elegante e insieme asciutto poetare, che dona grazia e luce all’anima di chi legge. La mutazione di cui parla la poesia che dà il titolo alla raccolta è quella interiore cui si soggiace nella vita, la quale ci cambia inesorabilmente nel suo corso. Come tutti gli esseri viventi, anche la nostra anima è sottoposta a un processo di mutazione; ma quella di cui parla Crinò è una mutazione spirituale, voluta e realizzata per mezzo della poesia, è un obiettivo esistenziale necessario, che ci spinge fino al limite dell’ineffabile, cioè oltre il linguaggio consueto col quale siamo soliti definirci. Si sente risuonare l’eco di una vasta patria poetica e letteraria alla quale l’autore appartiene e dove trova come suoi “maestri” autori come Montale, Fried, Salinas, Pessoa, Kavafis, Brecht solo per citarne alcuni.
Il componimento che dà avvio alla silloge è l’iniziale “Check Point”, un’introduzione alla raccolta, che ha come scopo comunicare un’unione tra il lettore e lo scrittore, una sorta di “patto poetico”. La raccolta poi si divide in tre sezioni, tutte introdotte da una citazione letteraria e da un’immagine esplicative entrambe e in sintonia con i titoli di ogni singola sezione: Casa natia; Futuro antico; Amori e altre storie. La prima sezione è intesa non solo come luogo di nascita, ma come qualunque posto possa esistere al mondo, in cui ci sentiamo al riparo e dove esiste un legame che a questi luoghi ci riconduce. Questa prima parte raccoglie anche poesie dedicate a luoghi geografici ben individuabili e identitari, come Palermo, la Sicilia, l’Italia. La seconda sezione raccoglie poesie di “transito” da una condizione all’altra. Dalla casa natìa si arriva ad una “fase di passaggio”, dove ancora permangono certe condizioni o condizionamenti, ricordi, flebili legami, fantasmi, che però stanno gradatamente sfumando e trascolorando e stanno transitando attraverso il presente, verso un futuro che troverà nuove vie, nuovi percorsi, nuove comparse, per l’appunto un futuro che saprà di antico, perché sul vissuto si costruirà; un passato proiettato verso il futuro, tra emozioni in transito. L’ultima sezione è un resoconto di quello che può essere l’amore. È facile innamorarsi, mentre è più complesso amare davvero qualcuno, ma è l’Amore, declinato in tutte le sue potenti accezioni che alla fine salva, chi lo dona e chi lo riceve, in un potente connubio circolare generatore di vita. È l’Amore di un albero alla vita, che lo fa rimanere attaccato ad essa pur mutando la sua forma per esistere ancora, resiliente; è l’Amore per il prossimo e per se stessi che rende gli esseri umani “invincibili”, così infatti s’intitola la poesia con la quale si conclude la silloge e non possono qui non venire in mente tutti coloro, in primo luogo il personale sanitario, che si spendono per salvare vite umane ogni giorno. La poesia “Gli invincibili” è un vero e proprio inno alla grandezza dell’uomo, che ci ha fatto diventare quello che siamo oggi. Ma oltre a poemi di critica impegnata, di ferma e mai retorica obiezione civile, la raccolta contiene versi d’amore per la Donna, per la Natura, per la Vita e, infine, per quella sofferenza stessa che costantemente ci abbatte, non togliendoci mai, però, la forza di resistere e di risalire, con determinazione, pur piegandoci agli eventi, come fa il ramo storto e sublime dell’albero rosso impresso in copertina: «Ricostruisco la trionfale disfatta / superbo canto di battaglia / sfilacciati vessilli porpora / ecco il colore dell’abissale furore / da cui attingere la dolce forza (…)». L’umiltà è la cifra prima e ultima di questo movimento poetico dell’anima. Quando saremo riusciti a identificarci con l’albero, allora avremo imparato a essere veramente umani e oggi più che mai abbiamo il dovere di mutare e di ritrovare o forse proprio trovare quest’umanità perduta.