Padre

Nella stanza più remota

di un mondo antico

nello scrigno più segreto

laggiù, è il mio tesoro.

L’ho cercato da sempre

inesorabilmente, trascinato dal

mio indomabile cavallo pazzo.

Dove sei? Mio grande amore

sconosciuto, mio vitale alito

spirto divin, da terga non vedo.

Eppur ti sento con gli occhi

del mio cuore, presenza imponente

nel silenzio di una luce fioca.

Nella lussuria, nell’ingordigia,

nel Potere, ho risposto il mio anelito.

Mentre osservavo il mondo spezzarsi

nell’odio, e impetrare imperante la Morte

Ti sentivo accarezzarmi il dorso

col tuo rinfrescante soffio caloroso.

Ballo il ballo del perdente

alla corte di sua maestà Ipocrisia

e mentre ardo tra i rivoli salati

penso a te, Padre. Verrò da te

e ti dirò: ho peccato contro

il cielo e Te, perdonami.

FissandoTi amorevolmente

non osando timidamente verbo

pronunciare, prigioniero di illazioni

speme mia è Tu carpisca e

risponda alla domanda:

Perché?