RECENSIONE

“LO SCHELETRO ROSA”

Il romanzo “Lo scheletro Rosa” della scrittrice Matilde Di Franco, edito da Nulladie, può essere definito un giallo a suspense, non si tratta di scoprire l’assassino, ma l’identità di “Sara” e la protagonista Martina raccoglie tutti gli indizi che la porteranno alla scoperta. Il titolo del romanzo cattura l’attenzione del lettore per la combinazione dei colori dei caratteri e l’associazione dello scheletro col colore Rosa riferito alla donna. La narrazione è coinvolgente fin dall’incipit in cui Martina , farmacista, descrive le sue azioni mattutine mettendo in evidenza il suo carattere ”testarda e ostinata che non vuole scendere a compromessi”. La frase della nonna morente “E’ venuta a prendermi Sara….Ora posso andare tranquilla” diventa il suo assillo  e la ricerca della verità dà origine al suo dialogo interiore attraverso la narrazione di eventi personali e familiari. Quindi si registrano una serie d’interrogazioni dove predomina lo stile indiretto libero che coinvolge particolarmente il lettore nelle vicissitudini e ricerca ostinata. Le domande e riflessioni quasi ossessive la portano ad interagire con il suo alter ego ,il suo “interlocutore interiore”, come lo definisce, che la guida nei suoi dubbi, constatazioni per riportarla alla realtà: l’alter ego emerge ogni qualvolta Martina si trova in difficoltà permettendole di guardare le cose da  una prospettiva diversa e rimanda a Freud, a Pirandello, a Stevenson, a Oscar Wilde. La narrazione si snoda nella presentazione e descrizione dei componenti della sua famiglia e parenti con le loro caratteristiche peculiari. I temi affrontati nel romanzo, che ritmano la ricerca dell’identità di Sara , sono  le relazioni familiari ,i sentimenti e le emozioni, i ricordi, i sogni, la morte , la  condizione femminile, il tradimento e  i valori della vita. Per quanto riguarda la famiglia vengono affrontati varie problematiche ,dai rapporti di coppia a quelli tra genitori e figli: la famiglia non è una realtà facile, infatti esistono dei contrasti e solo l’amore può legare i familiari ed evitare così le liti, i conflitti. Martina prende in esame anche le coppie familiari che anziché amarsi, si odiano, conducono il loro matrimonio per abitudine  e arrivano persino a distruggersi, al delitto, alla violenza e di conseguenza i figli sono le vittime. Sono situazioni che rispecchiano la realtà contemporanea e scaturisce l’invito alle coppie ad accettare i loro difetti per vivere meglio. Bisogna dare importanza ai sentimenti/ emozioni positivi per sopravvivere, si può parlare quindi di educazione emotiva “ i pensieri condizionano la salute del corpo”. Per Martina basta poco per rendere felici le persone, amare, donare, dedicare un po’ del proprio tempo invece di soffermarsi su cose futili ; non ci si preoccupa degli altri perchè non si riflette e si pensa di essere eterni. ”La vita è un soffio” e si devono cogliere le occasioni  tenendo conto dei veri valori della vita. Durante le visite alla casa della nonna morta, Martina si sofferma sui vari oggetti che le fanno riaffiorare alla maniera prustiana i ricordi di momenti passati con lei , i pomeriggi trascorsi col nonno quando era bambina e il profumo del suo dopobarba: il passato riemerge con “una scia di profumo”. Il sogno della nonna porta Martina ad interrogarsi anche sui sogni” nei sogni ci sei tu e tutto quello che ti caratterizza… il sogno può considerarsi come la coda della realtà”. Vi si riflette quindi l’interpretazione dei sogni in psicanalisi, il valore dei sogni  che risiede nella loro dimensione simbolica. Un altro elemento preso in esame da Martina è la concezione della morte   che  è considerata dai giovani come un tabù pensando che sia lontana e si cancellano i ricordi di coloro che muoiono. “I piccoli, i giovani devono essere educati alla verità e la morte rientra nella verità dell’esistenza”. La protagonista si trova a parlare spesso con sé stessa, ha una personalità complessa in cui si alternano vari ruoli “figlia, sorella, fidanzata, nipote farmacista, non è semplice gestire il proprio sé….gli altri, la vita”. L’incontro con la zia Rosa evidenzia il cambiamento dei tempi, oggi vi è maggiore libertà, le donne possono lavorare, le ragazze agiscono liberamente e non si lasciano comandare, ma Martina non riesce ad avere  informazioni sull’esistenza di Sara e la ricerca continua con la zia Lucia, il cui tradimento del marito è occasione per interrogarsi su questo problema. Infatti per Martina scoprire che il suo fidanzato ha una relazione con una sua collega è doloroso, ma  reagisce perché può contare sulla sua famiglia, il lavoro, gli amici e in sé stessa e affrontare i problemi eventuali con coraggio. Martina non acuisce le sue preoccupazioni,  dimostra di saper gestire le sue emozioni per continuare a vivere e  finalmente ha l’approvazione del suo interlocutore interiore ”compagno speciale di viaggio.” Non è gradevole scovare scheletri nell’armadio di famiglia; precisamente uno scheletro Rosa, perché Sara Schifani era una donna che è stata rinnegata…” , una verità intrigante per le vicissitudini e sofferenze che Sara ha dovuto affrontare e per la sua tragica fine. Vengono quindi focalizzate le condizioni sociali della donna di quei tempi, gli anni della seconda guerra mondiale, caratterizzati da pregiudizi, omertà, violenza nei confronti della donna che purtroppo si riscontrano ancora oggi e generano riflessioni e cambiamenti nei comportamenti . Il diario di Sara che la zia dona a Martina serve a custodire non solo la memoria, ma anche un invito a rispettare il mondo femminile; solo la scrittura dà sollievo a Sara  che sente il bisogno di scrivere “ogni parola impressa dall’inchiostro mi rende più libera e mi fa stare un pochino meglio”, una scrittura terapeutica. La narrazione del romanzo presenta una scrittura in cui abbondano le parti descrittive che suscitano  un effetto di realtà, l’uso del discorso diretto , indiretto libero e una narrazione ai tempi del presente coinvolgono il lettore in una lettura che gli permette di riflettere non solo sui temi affrontati, ma anche di appassionarsi alla scoperta  dello “scheletro Rosa”.

                                                                                              Maria Genchi